Prosegue la rubrica “Donne della verniciatura”, focalizzata sulle interviste alle figure femminili che ricoprono ruoli importanti all’interno della filiera dei trattamenti di superficie

I contributi riportati in questo articolo rispondono alle seguenti domande:
Ci spieghi il suo ruolo in termini pratici e due aspetti che più la entusiasmano del lavoro che svolge quotidianamente.
Com’è la sua routine professionale?
Non è un lavoro per donne. È un clichè o ritiene che sia effettivamente la realtà?
Se potesse tornare indietro nel tempo, quale consiglio darebbe alla sé stessa degli inizi?
Vuole dare un suggerimento alle nuove generazioni, in particolare donne, che desiderano intraprendere un percorso in questo settore? Come si potrebbe accelerare l’integrazione?

La politica dell’inclusione femminile promossa da diverse organizzazioni internazionali, governi e aziende, spesso in risposta a normative e linee guida definite da enti globali, aspira all’eliminazione della disparità di genere promuovendo l’equo accesso alle opportunità professionali, come riporta l’obiettivo 5 dell’agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile.
Non solo: i criteri ESG (Environmental, Social, Governance), in particolare le dimensioni Social e Governance, vedono l’inclusione femminile come indicatore chiave di una gestione aziendale responsabile e sostenibile.
Ci allieta davvero incontrare sempre più spesso donne che ricoprono ruoli importanti nell’ambito dei trattamenti di superficie e riportarne le testimonianze, per noi, rappresenta un valore aggiunto. Perché la disparità di genere nel mondo del lavoro è ancora un dato di fatto e come tale va dibattuto, non taciuto.
Hanno contribuito a questo numero della rubrica “Donne dei trattamenti di superficie”: Emanuela Mandelli, imprenditrice titolare dell’azienda Eredi Mandelli Pietro; Erika Gnocchi, application engineer di Henkel; Mariarosa Spini, responsabile ingegneria dei materiali in BTicino; Niki di Landa, imprenditrice dell’azienda DEN Verniciature.

Emanuela Mandelli (Eredi Mandelli)

1. Nel mio quotidiano mi occupo sostanzialmente della programmazione delle sequenze dei lotti di prodotti da avviare alla lavorazione, in relazione alle priorità concordate con i clienti.
Uno degli aspetti più entusiasmanti del mio lavoro è il costante contatto con il cliente, al fine di rispondere alle diverse richieste riguardo le produzioni in essere e alle ricerche di nuove soluzioni per campionature e studi per lo sviluppo di nuovi prodotti.
Un secondo aspetto legato a quanto appena detto è lo stimolo a cercare collaborazione da parte dei miei fornitori per trovare le soluzioni più adatte alle richieste formulate.

2. Nel mio caso non so se sia esatto parlare di routine, in quanto le variabili che riguardano la produzione sono così ampie che ogni giorno mi devo occupare sia di tematiche di aspetto puramente tecnico produttivo che commerciale.

3. È un lavoro sicuramente impegnativo in un ambiente prevalentemente maschile, ma ritengo che non esistano ostacoli che una donna non possa affrontare e superare con la giusta preparazione in questo ambito professionale, soprattutto se supportata da un valido team di collaboratori.

4. Col senno di poi mi spronerei ad avere da subito maggiore fiducia nelle mie capacità tecnico-organizzative.

5. È necessario non stancarsi mai di cercare sempre più informazioni sulle innovazioni e gli sviluppi di tecnologia e processi produttivi, nell’intento di attuare cicli di lavorazione sempre più sostenibili per gli addetti alla produzione, con un occhio di riguardo al rispetto per l’ambiente.

Erika Gnocchi (Henkel)

1. Lavoro come application engineer. È un ruolo tecnico che esiste in diverse business unit all’interno di Henkel, e nello specifico il mio è focalizzato su quei prodotti per l’industria manifatturiera necessari al trattamento superficiale di acciai e leghe leggere (come alluminio). È a diretto supporto delle vendite in quanto consiste nell’assistere i clienti in varie fasi e modalità; negli step iniziali si procede generalmente ad indirizzare il cliente verso l’opportuna soluzione al fine di raggiungere i propri obiettivi di produzione e di qualità. Una volta individuati i prodotti più idonei si può procedere con test applicativi in laboratorio, e, in una seconda fase, con quello che è chiamato il processo di avviamento presso l’impianto cliente. Qui i responsabili di produzione e/o gli operatori sono coinvolti dal team Henkel tramite dei training con lo scopo di poter poi essere autonomi nella gestione e nel controllo del processo. Due aspetti che mi entusiasmano del mio lavoro? La flessibilità di questo ruolo e la possibilità di conoscere nuove persone.

2. La mia giornata si può svolgere sia in laboratorio che presso un impianto. Lavoro in una multinazionale il lavoro non manca, anche da remoto tramite meeting o aggiornamenti. Quando in laboratorio mi occupo di redigere richieste di analisi per i clienti che richiedono un controllo periodico presso il nostro laboratorio analitico. Abbiamo anche un laboratorio di microanalisi dove indaghiamo, ad esempio, la morfologia del trattamento o gli eventuali difetti post verniciatura. In impianto, durante quella che può essere una visita di routine, mi assicuro che i parametri e la gestione dei prodotti sia effettuata nel modo raccomandato e, se necessario, rivedo assieme ai responsabili/operatori i controlli indicati nel manuale di conduzione che redigiamo. In caso vi siano anomalie, procedo effettuando dei prelievi specifici per identificare le cause del problema. Laddove vi sia da implementare un processo presso un nuovo cliente, mi occupo di effettuare le prove necessarie in laboratorio affinché i risultati siano in linea con le sue richieste e aspettative. Ci sono anche occasioni per testare nuovi prodotti e in questo caso collaboriamo con la Ricerca e Sviluppo di Düsseldorf per poter affinare la formulazione e per condividere con gli altri application engineer le nostre esperienze applicative.

3. È un lavoro poco conosciuto nel mondo femminile, quindi da questo punto di vista non è un lavoro per donne. Il motivo penso sia perché all’inizio è stato approcciato dal mondo maschile e a lungo andare è stato reso poco noto. Credo che valga la pena farci conoscere ad altre figure con una solida base scientifica e che intendano svolgere un lavoro più dinamico rispetto ad altri ruoli più dedicati alle attività di analisi o di sviluppo prodotto. Il lavoro dell’application engineer richiede una certa flessibilità e disponibilità ad alcune trasferte che, con l’instaurazione e il consolidamento dei rapporti con i clienti, porta ad avere preziosi scambi di conoscenze in ottica di un continuo miglioramento e apprendimento. Il tutto rende, secondo me, questo lavoro più appagante.

4. Alla me stessa degli inizi? Le direi che la capacità di ascolto e un poco di audacia sono la strada giusta.

5. Alle nuove generazioni direi di provare ad approcciarsi a questo mondo, in quanto può adattarsi a noi tutte. Il mio suggerimento è quello di non accontentarsi e di mettere a frutto le proprie abilità.

Maria rosa Spini (Bticino)

1. Seppur in ambiti diversi, lavoro in questo mondo da 25 anni e credo che non sia assolutamente possibile dire che, anche a questo punto della mia carriera, io sappia tutto in un determinato ambito. C’è sempre qualcosa che ci sfugge, qualcosa che nel frattempo sta diventando disponibile o si sta studiando. Credo che un aspetto molto entusiasmante del mio lavoro sia scoprire che c’è sempre un’innovazione, un nuovo trattamento, un nuovo materiale, qualcosa che fino a qualche anno fa non era nemmeno pensabile e che oggi invece è disponibile sul mercato. Per me è entusiasmante seguire tutte quelle che sono le evoluzioni e gli avanzamenti, anche tecnologici, della scienza ed è importante non perdere mai la curiosità nei riguardi di quello che ci sta intorno.

2. Premesso che difficilmente una giornata è uguale all’altra, a me piace iniziare a lavorare al mattino presto, quando il telefono non suona e non ci sono ancora riunioni. Le giornate sono sicuramente sempre piene e a volte anche complesse, sia per le tematiche da affrontare ma anche per le criticità che sono chiamata a risolvere. Ma anche questo fa parte della routine professionale.

3. Da ragazza, da neolaureata, non ho mai pensato che ci fossero ruoli esclusivamente maschili o femminili; da questo punto di vista anche una volta presa la laurea in chimica industriale non mi sono posta dei limiti mentali quando mi sono affacciata al mondo del lavoro. Ho iniziato in Bticino come ingegnere di processo sugli impianti di verniciatura e in quel momento, effettivamente parliamo del 1999, ero l’unica donna in un ambiente prevalentemente maschile, però onestamente per me non è mai stato un problema. Oggi con piacere noto che molte colleghe svolgono ruoli analoghi a quello che era il mio, evidenziando una differenza rispetto a quando ho cominciato io. Secondo me è importante far capire alle nuove generazioni che bisogna credere nelle proprie passioni, nelle proprie capacità indipendentemente dall’essere uomini o donne, ragazzi e ragazze. Questo è anche il messaggio che portiamo nelle scuole con il nostro network aziendale.

4. Di non fermarsi davanti agli ostacoli, non accontentarsi mai e apprendere sempre di più.

5. Alle giovani donne mi sento di dire di andare avanti per la propria strada con determinazione ma anche di essere consapevoli del fatto che non è una professione semplice. Bisogna sempre essere preparate, non ci si può improvvisare, non si può pensare che sia sufficiente aver conseguito una laurea. Bisogna essere ben preparate, sempre aggiornate, sempre “sul pezzo”.

Niki Di Landa (DEn Verniciature)

1. Mi occupo della direzione commerciale e della comunicazione. Credo che la comunicazione – visiva sui social e offline – in una realtà come la verniciatura industriale conto terzi sia davvero una bella novità. Ho voluto portare il mio contributo dopo dieci anni in cui ho studiato e lavorato prima a Milano poi Roma e Atene – in ambiti diversi – un approccio più smart e perché no, più leggero e divertente. Ideare e realizzare le parti grafiche per l’azienda, sviluppare la brand identity della stessa è una sfida ma anche uno stimolo quotidiano. Volevo ripartire da qui, dal definirci e creare un legame unico con il colore, creare un color atelier, svecchiare l’immagine della verniciatura=officina.

2. In questi primi mesi stiamo effettuando un passaggio generazionale, lo chiamerei. Ci stiamo concentrando sul passaggio di consegne per quanto riguarda l’operatività quotidiana ma allo stesso tempo stiamo investendo in comunicazione come accennavo prima e nell’essere presenti a manifestazioni di settore e incontri con possibili clienti e stakeholder futuri.
Ho una routine molto serrata e ben scandita, frutto dei decenni passati in grandi metropoli. Alle 6.30 apro gli uffici dell’azienda, controllo le email e sbrigo la parte dei documenti e della contabilità. La seconda parte della mattina è dedicata alla comunicazione e al rapporto con i clienti in azienda.
Lascio sempre lo spazio per pianificare incontri last minute, prove tecniche e il disbrigo di pratiche. L’obiettivo è quello di espanderci come volumi, diventando una dimensione più strutturata e specializzata.

3. È un lavoro sicuramente sfidante dal punto di vista fisico, non possiamo nascondercelo. Detto questo il clichè esiste se siamo noi stesse a relegarci in ruoli secondari, chiuse in ufficio o come sento dire spesso “in amministrazione”. Bisogna osare. Io stessa ho tanto da imparare, studio, mi informo online e mi confronto con i dipendenti, anzi color specialist, come mi piace definirli. Non dobbiamo mai aver paura di mostrarci preparate e decise, ho molte carenze ma ho competenze che fanno sì che il lavoro quotidiano sia organizzato e gestito con meno stress: organizzazione, capacità di delegare, determinazione e soprattutto leadership. Il cliente lo percepisce e si affida.

4. Sono ancora agli inizi e per me ogni giorno è un nuovo inizio. Avrei voluto osare di più con le mie competenze trasversali. Ho studiato legge e diplomazia per poi specializzarmi in comunicazione per le imprese. Avrei dovuto essere più coraggiosa e convinta di poter aver voce in capitolo senza restare nell’ombra, applicare le doti da leader che ho sviluppato nel tempo praticando sport agonistici molto individuali ed intensi come il tennis e studiando in contesti altrettanto incentrati sulla performance. Sintetizzando quindi nel mio motto “I can, I will, I must”.

5. Il bello di questo settore è che nonostante esista da molti anni, è in evoluzione. È ancora un green field sotto certi aspetti. C’è tanto da fare e c’è bisogno di tante figure diverse. Una verniciatura non è diversa da un’altra impresa: serve una direzione commerciale, la comunicazione, un social media manager, customer care. Certo, non sempre si può essere così strutturati e grandi come numeri ma avere poche risorse-chiave altamente specializzate paga sempre. Vorrei vedere più giovani curiosi, io stessa vorrei avviare collaborazioni con scuole o istituti per avere giovani “a bottega” come si faceva in passato nei settori dell’artigianato. Alle donne direi di farsi avanti: la cura nel dettaglio, pensare senza schemi, l’organizzazione sono aspetti spesso sottovalutati ma che portano a grandi risultati. Vorrei arrivare ad avere un’impresa totalmente al femminile.

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