Sui temi posti dalla complessa regolamentazione e metriche applicabili che vengono sintetizzate con l’acronimo ESG (Environment, Social, Governance), pensiamo necessario dedicare, su ogni numero della nostra rivista, alcuni specifici approfondimenti. Oltre agli articoli (si veda quanto già pubblicato in argomento VI 666, 667-668), proponiamo incontri e webinar. Del primo webinar, pubblichiamo di seguito una prima sintesi.
Lo scorso 19 dicembre la Rivista del Colore ha ospitato gli esperti di Var per un breve corso introduttivo sui concetti di sostenibilità e inclusione che hanno un impatto sulle attività delle aziende. Gli esperti sono intervenuti sulle principali novità legate a queste tematiche, prestando una particolare attenzione agli aggiustamenti per cui, a partire da quest’anno, sarà necessaria un’attiva partecipazione da parte delle aziende – anche le micro e piccole aziende che partecipano di una filiera produttiva – che avranno la responsabilità di allinearsi alle richieste sempre più esigenti della normativa italiana ed europea.
Francesca Gaetani (Nautilus Engineering), è intervenuta a proposito dell’argomento fornendo un quadro sintetico, ma puntuale, delle norme a cui le aziende dovranno far fronte. Gaetani ha introdotto il suo discorso osservando che – ad oggi – vi è una grande mancanza di conoscenza relativa a questi temi. Le misure presentate da Francesca Gaetani, per sintesi comprese nell’acronimo ESG – tassonomia, CBAM e CSRD – sono finalizzate al raggiungimento dei cosiddetti SDG, ovvero gli obiettivi di sviluppo sostenibile, entro il 2030. Tuttavia le aziende dovranno muoversi già dal 2024, per incassare in modo più “soffice” i colpi legislativi della Comunità europea.
La “tassonomia” è un sistema di classificazione delle attività economiche orientato all’analisi dei rischi per finanziatori, investitori, aziende, altri portatori d’interessi, che possono individuare, per mezzo di specifiche metriche, quali attività sono sostenibili. Il sistema è rivolto alle aziende quotate al di sopra dei 500 dipendenti, alle banche e alle assicurazioni. Nel 2023 è stato pubblicato un regolamento sui criteri tecnici che rendono un’attività economica sostenibile, e l’applicazione di tali norme è iniziata il 1° gennaio 2024.
Il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) è un meccanismo di compensazione delle emissioni di carbonio incorporate in alcuni tipi di merce acquistata al di fuori dell’Europa. Tra i materiali che sono inclusi nel CBAM ci sono il cemento, l’energia elettrica, l’idrogeno, i concimi e i fertilizzanti, la ghisa, il ferro, l’acciaio, l’alluminio e le sostanze chimiche. A partire dal mese di ottobre del 2023, fino a dicembre 2025, la Commissione Europea ha adottato delle norme transitorie che prevedono l’obbligo di una rendicontazione trimestrale degli acquisti di tali materiali. A differenza della tassonomia, che al momento interessa solo le grandi imprese, il CBAM ha potenziali ripercussioni su tutti i tipi di imprese: la dichiarazione (e, dopo la fase transitoria, il pagamento) sono obbligatori per l’importazione di beni per un costo superiore ai 150 euro, includendo quindi anche acquisti minimi. La fase intermedia terminerà alla fine del 2025, dopodiché sarà obbligatorio, per non ricevere sanzioni, adeguarsi alla regolamentazione. L’obiettivo del meccanismo sarebbe il monitoraggio delle emissioni delle aziende europee anche al di fuori del continente, incentivando la produzione locale per evitare pagamenti sull’importazione dei materiali soggetti al CBAM. Nella pratica, tuttavia, il meccanismo graverà sulle imprese italiane come un ulteriore costo delle materie prime.
Infine, la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) è una dichiarazione della sostenibilità dell’azienda, un bilancio di sostenibilità reso obbligatorio dal Parlamento europeo nel dicembre 2022. L’applicazione delle regole in vigore avverrà in diverse fasi: inizialmente, dal primo gennaio 2024, saranno tenute a stilare il bilancio di sostenibilità le aziende con più di 500 dipendenti (aziende che già dovevano rendicontare le emissioni di gas effetto serra). L’obbligo si estenderà, nel 2025, alle imprese con più di 250 dipendenti e 40 milioni di euro di fatturato o 20 milioni di euro di attività totali, e, nell’ultima fase, saranno incluse anche le PMI, le altre imprese quotate e le imprese non europee che realizzano ricavi e hanno filiali o succursali nell’UE. Il bilancio dovrà essere eseguito seguendo una serie di metriche, che si estendono non solo all’utilizzo di energia utilizzata per trasporti, produzione e consumo di energia interni all’azienda, ma anche le emissioni prodotte dall’intera catena di fornitura, includendo, dunque, anche le imprese più piccole appartenenti alla filiera.
Oggi, sostiene Francesca Gaetani, sempre più aziende pongono attenzione alla sostenibilità delle proprie attività; quello che ancora deve essere fatto (e, a breve, non ci sarà modo di evitarlo) è la rendicontazione puntuale del bilancio di sostenibilità che, attraverso i nuovi standard europei ESRS (e gli internazionali, già da qualche tempo disponibili, GRI), è possibile compilare, grazie alle metriche suggerite. Ci sarà modo, quindi, di attestare le buone pratiche delle proprie aziende grazie a mezzi più regolati ed espliciti.
Rimane evidente, tuttavia, che le misure da adottare per adeguarsi a questi nuovi standard costituiranno forse un investimento a lungo termine, ma al momento implicheranno una serie di nuovi costi a breve e medio termine, che graveranno sulle catene di fornitura, anche sulle MPMI, in termini di costi di informazione, di tempo e di risorse.