Daniela De Paoli e Fabrizio Baccanti
SUI TEMI POSTI DALLA COMPLESSA REGOLAMENTAZIONE E METRICHE APPLICABILI CHE VENGONO SINTETIZZATE CON L’ACRONIMO ESG (ENVIRONMENT, SOCIAL, GOVERNANCE), È UTILE DEDICARE ALCUNI SPECIFICI APPROFONDIMENTI. OLTRE AGLI ARTICOLI (SI VEDA QUANTO GIÀ PUBBLICATO IN ARGOMENTO VI 666, 667-668, 669), PROPONIAMO INCONTRI E WEBINAR. DEL PRIMO WEBINAR, CONCLUDIAMO LA SINTESI con l’articolo SEGUENTe.
Di seguito terminiamo con la pubblicazione della recensione dell’incontro del passato 19 dicembre organizzato dalla nostra casa editrice per Anver, ospiti i relatori dell’azienda di consulenze Var.
L’intervento di Daniela De Paoli si è articolato sulle opportunità che i cambiamenti a tema ESG possono portare alle aziende nel futuro.
La sostenibilità, intesa come definita dall’intervento di Francesca Gaetani (si veda in VI-IC n. 669/2024), è un elemento essenziale e necessario per caratterizzare le attività di ogni azienda, così come il tradizionale bilancio economico. De Paoli sostiene che moltissime applicano già misure e pratiche “sostenibili”, ciò che in gran parte manca è la sua rendicontazione, secondo gli standard applicabili (pure richiamati da Francesca Gaetani nell’incontro e nelle pagine del numero citato della nostra rivista). Una delle importanti implicazioni dell’applicazione delle relative norme (in particolare, la direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) è che i bilanci di sostenibilità saranno presi in considerazione dagli istituti di credito per stabilire i relativi rating, e dunque l’offerta di finanziamento. Quindi, “mettere su carta” in modo ordinato le buone abitudini delle imprese non solo significa allinearsi alle direttive europee (ed eventualmente, soddisfare i requisiti per ottenere potenziali sovvenzioni green), ma anche mettersi nelle migliori condizioni per ottenere credito finanziario.
Finora, scrivere una rendicontazione è stato un compito non semplice per le aziende: se è chiaro che la sua stesura sarà obbligatoria nel futuro imminente, non sono altrettanto chiare le modalità con cui procedere alla sua redazione: la metrica risultava fumosa, complicata e ancora molto soggettiva. Grazie alla più recente pubblicazione di standard di rendicontazione internazionali – GRI (Global Reporting Initiative), frutto di azione volontaria di fonte statunitense ed ESRS (European sustainability reporting standard), frutto di azione guidata dall’UE – e al supporto della consulenza di esperti esterni per stilare il bilancio di sostenibilità, è oggi possibile utilizzare metriche di riferimento più precise, capaci di ridurre il senso di disorientamento che è sorto di fronte a un insieme di richieste complesse di dati (narrativi e numerici).
Daniela De Paoli mette a fuoco una criticità delle aziende in merito agli argomenti ESG, la diffusa carenza d’informazioni che spesso si traduce in una mancanza d’interesse, soprattutto da parte delle micro, piccole e medie imprese: la loro ridotta partecipazione ai momenti d’informazione e formazione in argomento [e l’assenza, almeno fino ad oggi, di mobilitazione su questi temi da parte del mainstream informativo, in particolare dell’area social, proprio per essere media strutturalmente inadatti agli spazi d’approfondimento, n.d.r.] testimoniano dell’idea che si tratti di misure che non interessano direttamente le aziende di minori dimensioni, vanificando anche le opportunità, pure esistenti, degli strumenti di supporto. E, per chi affronta questi temi, fortificano la percezione degli obblighi di rendicontazione della sostenibilità come puro costo aggiuntivo. Se ben conosciuti e affrontati nei giusti tempi, invece, gli argomenti connessi alla materia ESG possono al contrario aprire prospettive positive per le aziende di ogni dimensione.
In tema d’inclusione sociale, Fabrizio Baccanti ha presentato un altro dei temi poco o mai trattati (social procurement), l’adozione e l’applicazione di pratiche etiche e sostenibili in riferimento all’applicazione di leggi (già in vigore in Italia) relative all’obbligo d’assunzione di persone con disabilità (in percentuale sulla forza lavoro complessiva) e su come gestire quest’obbligo al fine di rendere efficace, anche sotto il profilo dell’efficienza produttiva, il loro ingresso in azienda.
Fino ad oggi le aziende hanno affrontato l’argomento dell’inclusione con condotte eticamente poco ortodosse o neutre: spesso il disabile viene affiancato a un lavoratore, senza definire misure specifiche per integrarlo effettivamente e in modo produttivo in azienda. L’obiettivo dell’inclusione, invece – sottolinea Fabrizio Baccanti – è permettere ai lavoratori, disabili o non, d’integrarsi in azienda attraverso l’individuazione delle attitudini personali delle singole persone, in un’attività di ricerca volta, in ultima istanza, al miglioramento della produttività aziendale.
L’inclusione di soggetti affetti da disabilità, oltre ad essere attività socialmente utile ed eticamente favorita, è regolata, in Italia, dalla legge 68 del 1999, finalizzata all’inclusione di disabili attraverso attività di collocamento mirato e servizi di sostegno. Per le aziende che occupano dai 15 ai 35 lavoratori la legge prevede l’assunzione di 1 lavoratore disabile, tra i 35 e i 50 di 2 lavoratori disabili, sopra i 50 lavoratori, di una percentuale del 7% della forza lavoro. Non ottemperare alla legge implica il pagamento di una multa che, se in passato era trascurabile e veniva pagata dalla maggior parte delle aziende, oggi equivale circa al costo d’assunzione di una persona. In sostanza, è più conveniente investire sull’assunzione della persona con disabilità, piuttosto che essere sanzionati.
Integrare una persona disabile nella vita lavorativa di un’azienda non è un’attività semplice: Fabrizio Baccanti, a questo proposito, propone di appoggiarsi alle imprese sociali, che orientano e preparano il lavoratore prima di essere inserito in azienda. Queste ultime possono funzionare da ponte per l’integrazione di dipendenti disabili, soprattutto per quando riguarda la formazione pre-inserimento in azienda: questo tipo di imprese propone, di solito, corsi formativi che si focalizzano sul confezionamento dei beni, l’imballaggio e, più in generale, sulle lavorazioni manuali e meccaniche. Naturalmente va tenuto conto che, nel nostro settore, si può avere a che fare con prodotti critici e sostanze potenzialmente pericolose: l’integrazione di una persona con disabilità è dunque una sfida da accogliere con precisi accorgimenti e puntuali avvertenze: in questi casi la presenza di un esperto per l’accompagnamento al processo di formazione pre-inserimento è senz’altro un fattore da prendere in considerazione, anche ai fini della corretta rendicontazione necessaria per far emergere gli aspetti eticamente positivi delle politiche aziendali.