Se la grafite e le sue proprietà sono note già dalla seconda metà del XIV secolo, a un’epoca molto più recente risale la scoperta della sua composizione e della possibilità di isolare la sua più piccola unità: il grafene. Se immaginiamo la grafite come un libro, le singole pagine rappresentano il grafene, un foglio bidimensionale di atomi di carbonio disposti a nido d’ape.

Nel 2004, nel laboratorio dell’università di Manchester, gli scienziati Andrej Gejm e Konstantin Novosëlov hanno isolato campioni a singolo strato di grafite, guadagnandosi nel 2010 il premio Nobel per la fisica per la portata rivoluzionaria di questa scoperta, considerata la, fino ad allora, presunta instabilità termodinamica del cristallo bidimensionale.
L’esperimento fu tanto semplice quanto straordinariamente efficace: chiamato “il metodo dello scotch”, consistette nell’attaccare e staccare due pezzi di nastro adesivo con al centro un fiocco di grafite, ottenendo via via strati sempre più sottili fino ad arrivare a tre, due e perfino uno soltanto. Grazie alla semplice replicabilità dell’esperimento, i due scienziati furono in grado di studiare le proprietà del singolo foglio di grafene (perfettamente stabile anche isolato), così come moltissimi laboratori, atenei e centri di ricerca dopo di loro.
“[…] Partì così una specie di gara a chi depositava più brevetti per trovare un’applicazione pratica alle straordinarie qualità del grafene -racconta il Post (quotidiano online) in un articolo sul grafene-: nel 2011 furono depositati 3018 brevetti, nel 2013 il numero era cresciuto fino a 8416. I ricercatori accademici di fisica, ingegneria elettrica, medicina, chimica e le maggiori aziende elettroniche cominciarono a fare esperimenti e a pensare a come sfruttare le qualità del grafene. Ma in questo campo passa molto tempo generalmente dalla scoperta ai risultati, il processo è lento e travagliato: il prodotto dev’essere meno caro di quelli già esistenti o considerevolmente migliore, e dev’essere possibile produrlo su larga scala. Il problema con un materiale come il grafene, pieno di qualità fantastiche, è che l’immaginazione umana ne limita l’utilizzo. È simile a quanto accadde con l’alluminio, scoperto in minime quantità in un laboratorio intorno al 1820: aveva delle caratteristiche rivoluzionarie – era leggero, brillante, resistente alla ruggine e altamente conduttivo – ma non si riusciva a trovare un’applicazione utile a parte la produzione di gioielli. Dopo la seconda guerra mondiale si capì che l’utilizzo perfetto dell’alluminio era per gli aeroplani, che non esistevano al tempo della scoperta […].

Nel 2013 nasce la Graphene Flagship, un’iniziativa di ricerca sul grafene dell’Unione Europea, che stanzia un budget di 1 miliardo di euro per l’obiettivo di connettere i ricercatori del mondo accademico e industriale per portare, nell’arco di 10 anni il grafene dall’ambito scientifico a quello della società europea, con impieghi reali e su scala industriale.

BeDimensional, azienda di Genova nata dapprima come spin off dell’Istituto Italiano di Tecnologia (di cui abbiamo già parlato nello scorso numero di Verniciatura Industriale) è partner della Graphene Flagship ed ha un duplice scopo: implementare la produzione industriale di cristalli di grafene composti da pochi fogli atomici e di altri cristalli bidimensionali, basata su una tecnologia brevettata (sviluppata in IIT e licenziata in via esclusiva a BeDimensional) e la commercializzazione di soluzioni liquide e solide a base di cristalli 2D nei settori strategici legati, tra gli altri, alla transizione ecologica.

IC – Quali sono gli ostacoli attuali all’impiego del grafene in ambito industriale?
AG – Prima di tutto la capacità di produrlo su scala industriale, appunto. L’esperimento dei Nobel russi è stata una scoperta rivoluzionaria che tuttavia ha tenuto il grafene per molto tempo legato al solo ambito scientifico/accademico. La grande sfida dopo ogni grande acquisizione è riuscire a dare seguito ai risultati delle ricerche, applicarli in ambito industriale evitando che rimangano fini a se stessi. È la nostra missione: dopo aver studiato e brevettato una tecnologia di esfoliazione industriale di cristalli nanostrutturati come la grafite, grazie alla quale riusciamo a ottenere un materiale dalle proprietà molto simili al singolo foglio di grafene con spessore inferiore a 10 strati atomici, lavoriamo costantemente per aumentare la produttività dei due impianti che abbiamo progettato e realizzato.

IC – Perché si sente spesso parlare di grafene come additivo per vernici e simili, che però non soddisfa le aspettative?
AG – Perché probabilmente non si tratta di grafene ma di altro materiale composto da più di 10 strati atomici e che per questo motivo, ha proprietà dissimili che possono essere scientificamente dimostrate. Purtroppo ad oggi non ci sono norme di riferimento che regolano precisamente l’argomento ed è il principale motivo che alimenta la confusione tra grafite e grafene. Gli unici documenti che aiutano a fare un po’ di chiarezza sono due recenti ISO: ISO/TS 80004-13:2017 ed ISO/TS 21356-1:2021, che iniziano a chiarire a livello di nomenclatura e metodi di caratterizzazione la differenza tra i vari materiali carboniosi che possono essere presenti sul mercato. La definizione di protocolli di misurazione affidabili per garantirne le proprietà dichiarate è ad esempio necessaria per fornire protocolli standardizzati e ripetibili per aiutare il mondo dell’industria a confrontare i diversi materiali che per “comodità” vengono definiti grafene, assicurandone al contempo una corretta etichettatura.

IC – Quali sono le applicazioni principali di grafene su cui lavorate?
AG – Il grafene a pochi strati atomici si sta dimostrando un materiale estremamente versatile con applicazioni potenziali in molteplici settori industriali. Uno degli ambiti più promettenti è come additivo nelle vernici decorative. Quando aggiunto a tali vernici, il grafene conferisce proprietà uniche, come la capacità di generare calore radiante. Questa caratteristica permette di utilizzare le superfici dipinte come fonti di riscaldamento a basso consumo energetico, aprendo nuove possibilità per il risparmio energetico negli edifici residenziali e commerciali. L’integrazione di grafene nelle vernici potrebbe rivoluzionare il modo in cui pensiamo alla regolazione termica degli spazi abitativi, offrendo un metodo innovativo ed efficiente per il riscaldamento. Questa prestazione, intrinseca del nostro cristallo, può trovare applicazioni anche in deposizioni di rivestimenti su substrati flessibili e non rigidi, aprendo una serie di interessanti applicazioni nel mondo tessile e wearable.
Noi siamo molto attivi anche negli utilizzi del grafene come lubrificante nei fluidi per olii motore. Grazie alle sue proprietà di riduzione dell’attrito e di dispersione del calore, l’inclusione di grafene come additivo lubrificante può migliorare significativamente l’efficienza del carburante nei motori a combustione interna. Questa applicazione è particolarmente interessante per il settore automobilistico e dei trasporti, dove la riduzione dei consumi e delle emissioni è una priorità crescente.
Infine, il grafene ha un ruolo cruciale nello sviluppo delle batterie a ioni di litio di nuova generazione. In particolare, il grafene viene utilizzato come stabilizzante del silicio negli anodi delle batterie, dove la tradizionale grafite verrà progressivamente sostituita dal silicio. Questo approccio consente di aumentare la capacità e la durata delle batterie, migliorando al contempo la stabilità del materiale dell’anodo, grazie alle eccellenti proprietà conduttive e meccaniche del grafene.

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