Il 22 aprile Carlo Romanelli, psicologo del lavoro, ha presentato il tema della resilienza legata al momento storico che stiamo vivendo e intesa come capacità dell’individuo di affrontare e superare un evento traumatico. Lavorare sulla resilienza significa costruire un bagaglio di energie tale da permetterci di affrontare grandi e piccoli eventi senza logorarci: non sappiamo quanto siamo resistenti fino a che non abbiamo bisogno di esserlo.
La resilienza incide sulla salute, sulle prestazioni e sulla leadership: è quindi necessario allenarsi costantemente per testare man mano il proprio limite fisiologico. Una volta superata l’emergenza sanitaria si rientrerà al lavoro e l’esito della riapertura delle attività dipenderà proprio dall’energia e dalla forza che le risorse impiegheranno nel proprio lavoro.
L’attuazione della resilienza è direttamente proporzionale al controllo del livello di stress cui si è sottoposti e al benessere che si ricava da ciò che si fa. In realtà lo stress, che in medicina è denominato GAS (General Adaptation Syndrome) è di per sé positivo in quanto reazione costituita dall’organismo per far fronte alle situazioni. Il problema sono gli eventi stressogeni: tutto ciò che sta al di sotto della soglia di tolleranza è resilienza, ciò che va oltre diventa tossico.
Esistono poi strumenti in grado di misurare i fattori di vulnerabilità (livello di stress/pressione, livello di logoramento e modo con cui affrontiamo i problemi) e di resistenza. Questi ultimi sono molto interessanti perché in base a questi un individuo risulta più o meno resiliente: il senso di responsabilità, ovvero l’impegno che si impiega in ciò che si fa, il senso di sfida (credere in ciò che si fa) e infine le reti di sostegno sia personali che professionali. Imparare a essere resilienti significa infine imparare a esternare e gestire i problemi senza permettere che diventino situazioni conflittuali.