La trasmissione del virus attraverso le superfici si basa evidentemente su un primo contagio derivante da una persona infetta, magari attraverso le celebri “droplets” (goccioline di saliva trasmesse attraverso uno starnuto, un colpo di tosse o semplicemente parlando a un’altra persona) a cui si associa la capacità del virus di sopravvivere sulla superficie così contaminata. Studi recenti, effettuati proprio sul Covid- 19, indicano una sopravvivenza abbastanza prolungata di questo virus sulle materie plastiche (fino a 72 ore) e sull’acciaio (48 ore), mentre risulta più ridotta sul cartone o sul rame.
Il dato forse più interessante per ciò che riguarda gli arredi interni è quello relativo alle plastiche, considerando che molte delle superfici che ci circondano sono verniciate o realizzate comunque con laminati o altri materiali a base polimerica che rappresentano – per l’appunto – i costituenti primari delle plastiche.
Al di là di tutto ciò, molte cose sono mutate nella nostra quotidianità alla luce dei drammatici effetti del Covid-19 e abbiamo imparato che, oltre al distanziamento reciproco, è anche determinante l’igiene delle nostre mani, oltre a quella di tutte le superfici che ci circondano.
Queste nuove esigenze e abitudini stanno determinando un riflesso importante anche per il mondo dell’arredo e delle finiture, che si ritrova coinvolto in richieste specifiche di efficacia antibatterica delle superfici o comunque della loro capacità di resistere alle frequenti operazioni di pulizia e di disinfezione.
A tal proposito il Catas, su sollecitazione di diverse aziende, ha recentemente incrementato studi specifici in questa direzione.