Martina Montinaro | coordinatrice gruppo di lavoro Aluminium EcoBuilding – AITAL
LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITÀ COINVOLGE TUTTI A LIVELLO GLOBALE. L’ALLUMINIO È IL MATERIALE SOSTENIBILE PER ECCELLENZA PERCHÉ È POTENZIALMENTE RICICLABILE UN NUMERO INFINITO DI VOLTE. È IMPORTANTE CHE ASSOCIAZIONI COME AITAL, CHE RIUNISCE MOLTI PRODUTTORI E VERNICIATORI DEL PROFILO D’ALLUMINIO, SI OCCUPINO DI FARE RICERCA SU COME RIDURRE L’IMPATTO AMBIENTALE PER AUMENTARE IL PROPRIO VANTAGGIO COMPETITIVO.
Martina Montinaro è Innovation & Sustainability Manager del Gruppo DFV, azienda leader nella verniciatura e decorazione di profilati in alluminio per uso architettonico, con sede principale a Surano, in provincia di Lecce, e stabilimenti a Bari, in Veneto, Sicilia e, all’estero, Australia e Brasile.
È promotrice, nell’ambito di AITAL, associazione dei trattamenti di superficie dell’alluminio (verniciatura, ossidazione anodica, decorazione), del progetto Aluminium EcoBuilding che ha come scopo la riduzione dell’impatto ambientale del settore. L’argomento sull’analisi del ciclo di vita riferito alla sola verniciatura è, benchè sicuramente attuale, molto poco indagato. Per questo motivo le abbiamo chiesto a che punto siamo.
Si parla spesso di analisi del ciclo di vita o, come acronimo, LCA (Life Cycle Assessment). È possibile procedere con l’analisi di quello che riguarda il processo di verniciatura?
L’argomento del calcolo dell’LCA della verniciatura per la nostra azienda è molto importante: calcolandolo ci siamo accorti che, mediamente, incide per una quota inferiore al 5% sull’impatto ambientale totale del profilato in alluminio. È sicuramente un dato interessante che ci ha portati a ragionare sul concetto di “service life”, cioè la durata, del prodotto finito.
Per questo siamo stati promotori del gruppo di lavoro Aluminium EcoBuilding, che ha riunito intorno al tavolo tutti gli attori del ciclo produttivo, dall’estrusione dell’alluminio alla posa del serramento, per misurare gli impatti dell’intera filiera e trovare le soluzioni ottimali che ci permettano di ridurre il nostro impatto sull’ambiente. Il primo segnale positivo deriva sicuramente dalla presa di responsabilità di ciascuna azienda della filiera per lavorare con l’obiettivo di aumentare la resistenza alla corrosione del prodotto finito, allungandone dunque la service life.
Come viene effettuato questo percorso?
Abbiamo avviato una serie di test, cioè una campagna sperimentale vera e propria, in cui analizziamo come ciascuna variabile di processo, a partire dalla scelta della lega, il tipo di pretrattamento, il tipo di vernice o lo strato di ossido, la posa, contribuisca ad aumentare la service life. I test sono tuttora in corso, ma dalle prime analisi abbiamo potuto verificare che si sono aperti diversi scenari. Stiamo analizzando più di 300 campioni, per poter verificare sperimentalmente tutte le combinazioni di processo, intersecando e interfacciando differenti approcci al materiale, ai prodotti utilizzati, ai trattamenti ai quali sono stati sottoposti i diversi campioni.
Quali sono i primi risultati che avete ottenuto?
Per prima cosa stiamo rivedendo il concetto di durabilità. In passato la durabilità veniva considerata come quel periodo di tempo – ad esempio 15 anni – in cui il serramento doveva dimostrare di resistere all’ambiente esterno. Per questo venivano definite delle classi di esposizione del prodotto finito, a seconda delle quali si richiedevano determinati processi di trattamento sull’alluminio, finalizzati alla sua destinazione di impiego. Oggi, invece, la durabilità è un concetto che deve essere imprescindibilmente legato all’impatto ambientale. Infatti, la durabilità del prodotto finito è il primo fattore a determinarne l’impatto ambientale.
Un altro elemento molto importante sul quale ci stiamo concentrando è l’alluminio secondario: la decarbonizzazione del nostro settore ci richiederà una crescente riduzione dello sfruttamento di materie prime e conseguentemente un progressivo impiego di materia prima secondaria. Questo passaggio deve avvenire mantenendo inalterato il livello di performance dei nostri prodotti. Pertanto, la campagna sperimentale del progetto Aluminium EcoBuilding coinvolge alluminio non primario, per poterne testare e dimostrare la qualità.
Perché si deve agire come filiera e non più come singolo processo per calcolare l’impatto ambientale?
Una visione della durabilità guidata da una strategia sostenibile consente di avere una concezione dell’impronta ambientale molto differente dal passato: non bisogna considerare soltanto gli aspetti ambientali del prodotto legati a processi locali e direttamente misurabili, ma è necessario invece avere una visione olistica degli impatti ambientali dovuti a caratteristiche globali, di filiera. Per ottenere una riduzione dell’impronta ambientale di un prodotto, si deve agire mediante una strategia di ecodesign: usando opportunamente differenti leve dell’intera filiera, bisogna progettare il prodotto finito in maniera tale da consentirgli di durare quanto più possibile, per diluire la sua impronta ambientale su un ciclo di vita molto lungo.
Per questo motivo la sinergia e la comunione d’intenti di tutti gli stakeholder della filiera sono importantissime: è un risultato, derivante da un cambio di paradigma, che si può raggiungere esclusivamente attraverso il contributo di tutti.
Il tema della durabilità è quindi centrale per un’analisi corretta dell’LCA. Come dobbiamo considerarla?
Abbiamo due criteri per definire la durabilità, due concetti che sono attualmente molto dibattuti e aperti: si può infatti definire dal punto di vista del mercato – calcolando ogni quanto tempo statisticamente vengono sostituiti i serramenti degli edifici – oppure dal punto di vista strutturale, cioè basandosi sul tempo in cui la finestra giunge al suo fine vita. Ci riferiamo, in questo caso, a quando il serramento smette di svolgere la sua funzione e di conseguenza perde il suo valore, ad esempio quando non si apre più o quando subentra un fenomeno corrosivo. Rispetto al concetto di durabilità del passato, oggi abbiamo bisogno di una nuova definizione, molto più legata ai criteri ambientali.
I nostri prodotti in alluminio possono garantire una funzionalità strutturale di almeno 50 o 60 anni, perché la struttura in alluminio di un serramento è nota per la sua robustezza, alla quale aggiungiamo anche resistenza alla corrosione grazie ai nostri pretrattamenti. Tutti gli accessori della finestra, invece, con anche il vetro, possono essere sostituiti con un minimo impatto ambientale anche più volte nell’arco del ciclo di vita del serramento, estendendo in tal modo la sua durata. Naturalmente, per garantire una durata di questa entità, un ruolo fondamentale lo gioca la manutenzione da parte del cliente, unita alla corretta progettazione del serramento rispetto alla sua destinazione.
Quanto incide la vernice sulla durata e quanto sull’impatto ambientale?
La durata del serramento è determinata fondamentalmente dai processi di pretrattamento e dalla qualità della lega di alluminio.
Rispetto al mantenimento della funzionalità strutturale della finestra, la vernice ha un ruolo veramente marginale, anche se spesso si ritiene il contrario (naturalmente al netto della sua corretta adesione al substrato). Ciò non significa che non si debba continuare a investire nella ricerca di vernici sempre più performanti: l’idea di utilizzare i rivestimenti a polvere di classe* 2 e man mano abbandonare la classe 1 è una scelta sostenibile che il gruppo Aluminium EcoBuilding ha deciso di percorrere.
Stiamo lavorando per certificare una durabilità del prodotto finito di 50 anni relativamente alla funzione strutturale. Per quanto riguarda la funzione estetica, invece, lo stato dell’arte delle vernici in polvere soprattutto per quanto riguarda la conservazione del colore, si pone su un livello di durata di gran lunga inferiore.
Nell’ottica di una crescente sostenibilità del nostro settore, la ricerca nell’ambito delle vernici deve avere come obiettivo da un lato l’aumento della durabilità, per esempio puntando sulla classe 3, e, dall’altro, la riduzione della temperatura di polimerizzazione.
Un altro aspetto ambientale molto importante, oggi ancora oggetto di ricerca, è la tipologia del polimero usato nella produzione delle vernici: resine bio-based oppure di origine riciclata consentirebbero un notevole risultato nella decarbonizzazione del settore. Tuttavia, la tecnologia per poter ottenere questo salto non è ancora matura. D’altra parte, non c’è ancora una richiesta specifica del mercato derivante da una maggiore sensibilità sul tema degli utilizzatori finali cosa che ritengo fondamentale per dare una spinta reale ai cambiamenti di transizione ecologica.
La sfida sarà vinta quando riusciremo ad aumentare la durata dei prodotti, svincolando la crescita del settore dal depauperamento delle risorse non rinnovabili, ottenendo un risparmio sia dell’energia che delle materie prime.