Cosa fare di una legge invidiata da tutti i sistemi economici europei, quella che per qualche anno ha consentito alle aziende italiane di accelerare il cambiamento tecnologico per ottenere maggiore competitività (e, tra l’altro, portare a casa record delle esportazioni)? Complicarla, al punto che nemmeno i suoi promotori sono in grado di calcolarne i risultati potenziali e le relative coperture. Al momento di mandare in stampa questo numero della rivista, viene ancora rimandata (è la seconda o terza volta) una nuova versione di i4.0, che però si chiamerà Transizione 5.0, dimostrando che il nostro apparato pubblico non ha idea di quello che succede nella sua fonte principale di reddito, il sistema industriale: come se la quarta rivoluzione industriale fosse già compiuta. O peggio, come se “digitalizzazione” fosse la trasformazione della telefonata in una videotelefonata, e non invece la raccolta, selezione, sintesi, interpretazione dei dati e loro impiego per l’ottimizzazione dei processi e dei consumi, per la creazione e produzione di nuovi prodotti e servizi di maggiore valore. E via di webinar e finanziamenti per l’”export digitale”, con la moltiplicazione di market place più o meno copiati da quelli B2C, nella convinzione che una linea di pretrattamento e verniciatura si ordina come una lavastoviglie via Amazon.
Ovviamente, sono certo che il sistema industriale italiano accetterebbe di buon grado un numero crescente, ogni anno, per una legge a supporto dell’innovazione tecnologica: 5.0, 6.0, 7.0 (o, perché no, negli anni elettorali, 50.0, 60.0 o qualsiasi altro multiplo …), pur di contare su una legge semplice, di facile applicazione, con gli obiettivi chiari (almeno per i decisori dell’industria) della sua versione originale.
Ecco invece i passi che, pare (come detto, l’implementazione della nuova “T5.0” è rimandata alla predisposizione e promulgazione di 2 differenti decreti attuativi…) saranno da compiere per la fruizione dell’incentivo, come spiega Lorenzo Bringhenti, consulente esperto per l’implementazione di i4.0:
«Come premessa, e partendo dalla fine: per accedere all’incentivo si dovrà aspettare la ricezione del decreto di concessione Ministeriale dello stesso (auguri). Comunque, al momento l’iter per ottenere l’agevolazione prevede, almeno i seguenti passaggi:
- studiare il progetto di investimento, ottenere i preventivi dai vari fornitori e deliberare l’investimento capendo i tempi di consegna dei vari beni
- fare la certificazione ex ante
- fare la comunicazione ex ante
- avviare l’investimento pregando che i tempi siano rispettati
- completare l’investimento continuando a pregare come sopra
- mettere in funzione le macchine e/o gli impianti sperando che tutto funzioni
- interconnettere il bene
- fare la certificazione ex post
- fare la comunicazione ex post
- attendere il decreto di concessione
- attendere ulteriori 10 giorni
- eseguire un F24 in compensazione
- ottenere la certificazione del revisore dei conti.
…Andare a Lourdes… e sperare (forse) di ottenere il beneficio (considerazioni amare di uno che il campo lo conosce bene)».
Come si vede, torna la logica degli assegnini da richiedere con il cappello in mano al burocrate di turno, mancano decreti attuativi e il passaggio in parlamento, potrebbero alla fine tornare anche i “bonus” con i loro “click days”. Speriamo di sbagliare e dover rettificare quanto qui scritto; che T5.0 non implichi l’abbandono definitivo di i4.0 (così pare, anche se notevolmente depotenziata); e che la sua implementazione non risulti poi così deleteria, se e quando infine diventerà operativa.