Giulio Baraldi, Allnex
Monomeri derivati da biomasse e materiali riciclati. Resine per formulare vernici in polvere a bassa temperatura. Le frontiere per la ricerca della sostenibilità.

Spronare i produttori di vernici e i verniciatori a trasformare i loro processi industriali per ridurre l’impatto ambientale e migliorare l’efficienza energetica dei processi, adottando soluzioni innovative e sostenibili, è un processo difficoltoso e lungo. Le resistenze sono tante sia a valle che a monte, più per una questione economica che non di processi produttivi.
Ne è consapevole Allnex, azienda multinazionale di riferimento nell’ambito della produzione di resine per vernici liquide e in polvere, che su questo tema è stata fra la prime a crederci e spingere in questa direzione.
Il processo verso la produzione di vernici sostenibili lo ha spiegato nel dettaglio Giulio Baraldi, responsabile vendite resine per rivestimenti in polvere, in occasione dei P&E Express del 17 maggio a Treviso, ospitati nella speciale cornice della residenza per artisti Fabrica.
«Da qualche tempo abbiamo messo a punto un processo per ottenere resine più sostenibili. Questa scelta coinvolge diversi ambiti, partendo dalle materie prime con cui sono composte le resine, lavorando a monte, con i nostri fornitori di monomeri, per ottenere, appunto, prodotti “sostenibili” [sui monomeri da biomasse abbiamo già ampiamente riferito sulle pagine della nostra rivista, ndr].
Lavoriamo molto sulle nostre emissioni, ma la sfida è dare alle aziende che verniciano prodotti che possano migliorare anche la loro efficienza energetica». In questo senso, spiega Baraldi, «le resine low-bake permettono ai nostri clienti produttori di formulare rivestimenti a bassa temperatura di polimerizzazione e quindi di abbassare la temperatura del forno da 180 °C a 160 °C per vernici da esterno, fino ad arrivare ai 130 °C per quelle da interno. Questo, tra l’altro, a confermare l’idea e l’obiettivo di poter utilizzare rivestimenti in polvere anche su materiali termosensibili (legno e MDF, per esempio), aprendo prospettive di applicazione molto interessanti per molti produttori di rivestimenti in polvere e aziende d’applicazione».

Le resine low-bake, secondo Giulio Baraldi, subiscono ancora forti resistenze dal mercato. La multinazionale produce resine low-bake da oltre 10 anni, con linee complete per ottenere rivestimenti che reticolano a 160 °C. «Se prima la resistenza proveniva dal fatto che non fossero disponibili vernici low-bake opache, ora non è più così. La tecnologia permette la polimerizzazione a 160 °C di tutti i rivestimenti in polvere per esterno e interno. C’è una differenza di prezzo che pensiamo sia accettabile, anche perché ampiamente compensata dal risparmio energetico del forno o da cicli più rapidi, e quindi da maggior capacità produttiva delle linee esistenti».

L’uso sempre maggiore di monomeri derivanti da biomasse (dunque, da “riciclo”), e quindi l’indipendenza da monomeri di derivazione petrolifera, è un’altra delle sfide e degli scenari che si apriranno nei prossimi anni e sui quali è necessario adoperarsi da subito.
Un’altra delle azioni promosse da Allnex è stata l’eliminazione dei PFAS dalle resine prodotte; una decisione che ha richiesto la ricerca, non semplice, di materie prime alternative.
«Per noi la continua ricerca di sostituzione di componenti pericolosi per la salute o ad impatto ambientale più elevato è un grande impegno. Le schede di sicurezza si arricchiscono continuamente di pittogrammi di vario tipo che allarmano i nostri clienti, i quali ci chiedono soluzioni alternative. Per noi tale richiesta si traduce nel dare materie prime capaci di soddisfare (almeno) gli standard di fatto e che, allo stesso tempo, siano sostenibili anche economicamente».

Non sempre il lavoro di ricerca e sviluppo secondo le direttrici accennate – sostenibilità ambientale ed economica – ha esito positivo. Purtroppo non è andato a buon fine, per esempio, il progetto di ricerca intorno ai poliesteri bio-based utilizzando materie prime derivate dagli scarti del mais (amido). Problemi di colore e i costi elevati dovuti alla scarsa reperibilità degli scarti a livello industriale hanno reso il prodotto praticamente invendibile.
Una soluzione valida, e tutt’ora applicata sia da multinazionali che da produttori di medie dimensioni, è quella di utilizzare nella formulazione di poliesteri una parte di polietilentereftalato (PET) riciclato derivante dai contenitori per alimenti e bevande, in particolare dalle bottiglie provenienti dalla raccolta differenziata.
«Inizialmente si è pensato di usare il PET derivato dagli sfridi industriali puliti (provenienti dalla fase produttiva delle bottiglie), ma questi via via sono stati recuperati e riutilizzati dagli stessi produttori di bottiglie. Quindi ci si è rivolti ai produttori certificati di PET riciclato. Questo materiale viene utilizzato nel processo di produzione delle resine poliesteri in percentuali variabili a seconda che si tratti di resine destinate alla formulazione di rivestimenti per interni o per esterni. Nel nostro reattore riusciamo a depolimerizzare il PET, quindi riottenerne le sue materie prime di origine (glicole etilenico e acido tereftalico), dando così origine a un processo di economia circolare», spiega Giulio Baraldi.

Un’ulteriore iniziativa dell’azienda verso una produzione più sostenibile è l’utilizzo di fornitori d’energia prodotta da solare o idroelettrico, naturalmente certificati.

Oggi Allnex è in grado di conoscere la sua carbon footprint e sapere quanta CO2 produce per ottenere una determinata resina. Quello che succede dopo la vendita, al momento, non è dato a sapersi ma – ne è certo Giulio Baraldi – arriverà il momento in cui bisognerà certificare tutto il ciclo di vita del prodotto, per arrivare a una certificazione di sostenibilità ed energetica che comprenda tutta la catena produttiva, a partire dai produttori delle materie per finire a chi applica i rivestimenti.

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